Residenza Amica di Giussano: giù le mani dai servizi sanitari

Residenza Amica di Giussano: giù le mani dai servizi sanitari

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Le relazioni sindacali sono tali che, ad avvisare i sindacati, ci hanno pensato le lavoratrici e i lavoratori, già pronti alla mobilitazione. “Il nuovo consiglio di amministrazione di Residenza Amica, insediato da appena 6 mesi, ha già in mano dei preventivi di cooperative sociali per appaltare il personale sanitario. Stiamo parlando di infermieri e operatori socio sanitari della Rsa, a cui potrebbero aggiungersi gli ausiliari socio assistenziali del centro diurno” spiega Silvia Papini della Funzione Pubblica Cgil Monza Brianza.

Le organizzazioni sindacali si sono subito attivate a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori della Fondazione di Giussano, scrivendo una lettera al sindaco, al nuovo cda e al direttore. “Avevamo già incontrato il sindaco per discutere delle difficoltà economiche della struttura dopo l’arrivo del Covid. Ma i circa 300mila euro iniziali di bilancio in negativo si sono già ridotti della metà lo scorso anno, anche attraverso l’aumento della retta per le circa 80 persone anziane ospiti (pur restando una delle più basse della provincia). Il sindaco in quella occasione ha negato la possibilità di esternalizzazioni. La svolta c’è stata con il nuovo Cda ma le ragioni di bilancio non tengono” afferma Papini.

Residenza Amica è una ex Ipab, cioè fa parte di quegli istituti pubblici di assistenza e beneficenza trasformati nel 2003, per decisione regionale, in aziende di diritto privato. Il personale dipendente conta circa 90 lavoratrici e lavoratori, di cui quello sanitario, coinvolto dalla ventilata esternalizzazione, ne ha circa 60.

Per la sindacalista della Fp Cgil, “Appaltare parte dei servizi della Fondazione significa non solo mettere a rischio la loro qualità a discapito delle cittadine e dei cittadini, ma anche frammentare ulteriormente i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori in uno stesso luogo di lavoro. Nella Rsa vengono applicati già due tipi di contratti di lavoro, quello degli enti locali e quello Uneba. Inserire un terzo ccnl, quello della cooperazione sociale, oltre a difficoltà di gestione esporrà a disuguaglianze e disagi tra le lavoratrici e i lavoratori, per non dire a conflitti”.

Per ora il conflitto vogliono agirlo proprio i dipendenti della Fondazione, se a questa storia non si mette subito un punto.

“Alla lettera che abbiamo inviato non ha risposto ancora nessuno ma il prossimo 12 maggio abbiamo già programmato un incontro con la direzione. Da parte nostra andremo fino in fondo, anche allo sciopero se necessario. L’ipotesi di esternalizzazione va abbandonata. Mentre, attraverso la contrattazione e una visione di sistema vanno trovate soluzioni che tengano insieme esigenze organizzative ed economiche, condizioni e qualità del lavoro, diritti delle persone, cittadini e lavoratori” chiude Papini.

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